Catania – S. Nicolò l’Arena

MONASTERO DI S. NICOLO’ L’ARENA

San Nicolò l’Arena si trova nel centro storico di Catania ed è un complesso monastico molto importante, costituito da un monastero benedettino e da una maestosa Chiesa. Il nome di San Nicolò l’Arena deriva dal luogo di fondazione, infatti il complesso fu edificato in una zona di rena vulcanica, la caratteristica terra sabbiosa che ricopriva la zona. La Chiesa fu inizialmente fondata come Ospizio dei PP. Benedettini Cassinesi nel 1156, nel corso dei secoli si espanse fino a divenire Priorato nel 1359 e Abbazia nel 1380. In seguito a diverse scorrerie e terremoti fu abbondonata ed è oggi sede dell’Ente Parco dell’Etna. Dopo l’abbandono, i Padri Benedettini rifondarono, nel XVI secolo, con lo stesso nome, il nuovo Monastero di Catania. Il Monastero è uno dei più grandi d’Europa, secondo solo a quello di Mafra in Portogallo e vanta delle dimensioni imponenti e maestose.

Il Monastero venne iniziato nel 1558 e venne inaugurato nel 1578 dal vicerè di Sicilia Giovanni Della Cedra. In seguito alla devastante eruzione dell’Etna del 1669, una parte del Monastero andò distrutta: i benedettini diedero così il via ad un’importante opera di ristutturazione e alla costruzione della monumentale Chiesa di San Nicolò, iniziata nel 1687, seguendo il progetto dell’architetto romano Giovan Battista Contini. Un altro terremoto colpì la Sicilia e la città di Catania nel 1693, anno in cui le strutture della Chiesa furono risparmiate, ma i lavori vennero interrotti per circa vent’anni. La ricostruzione della Chiesa fu ripresa da Francesco Battaglia e da Giovanni Battista Vaccarini e fu proseguita da Stefano Ittar, che costruì l’imponente cupola. La realizzazione del progetto rimase comunque incompiuta, tanto che si possono ancora vedere due coppie di colonne tronche. L’interno della Chiesa si presenta diviso in tre navate e attira l’attenzione di chi vi entra per le dimensioni imponenti e per la luce diffusa che penetra dagli alti finestroni.
All’interno della Chiesa è custodito il più grande organo della Sicilia, realizzato dal monaco benedettino Donato Del Piano e una meridiana lunga 39 metri, lungo la quale sono raffigurati i simboli dello zodiaco.

LA STORIA

La realizzazione di un organo per la chiesa di San Nicolò l’Arena venne commissionata da padre Anselmo Valdibella, abate del locale monastero benedettino, all’organaro Donato Del Piano il 6 maggio 1755.  Lo strumento, che doveva essere proporzionato alla colossalità dell’edificio, costò la rilevante somma di diecimila onze d’oro e avrebbe dovuto essere costituito da tre organi in un’unica cassa. Secondo il contratto, infatti, Del Piano si impegnava a realizzare un organo principale dotato di tredici registri, un organo minore da dodici registri  e un terzo organo da dodici registri.

Nel 1763 venne stipulato un nuovo contratto che modificò parzialmente la progettata disposizione fonica dello strumento. In aggiunta, i monaci versarono altre cinquecento onze d’oro a Del Piano. L’organo venne ultimato nel 1767, dopo dodici anni di lavori, in dimensioni maggiori rispetto a quelle previste dal contratto originario. Del Piano, comunque, continuò a perfezionare la sua opera fino agli ultimi anni della propria vita. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1785, la manutenzione dello strumento venne affidata ad Antonino Mazzone e Mariano Cinquemani, per passare poi ad Antonino Rizzo.

Su questo organo studiarono e suonarono, nel corso dei secoli, diversi compositori, fra i quali Giuseppe Geremia, Vincenzo Tobia Bellini (nonno del più celebre Vincenzo) e Pietro Antonio Coppola. L’eccezionale complessità dello strumento, dotato di tre consolle separate per fare in modo che potesse essere suonato da tre organisti contemporaneamente, divenne presto famosa e attirò a Catania viaggiatori, letterati e musicisti. Johann Wolfgang von Goethe, che visitò la città nel 1787, raccontò che un organista: «trattando il mirabile strumento, seppe riempire tutta quanta la chiesa fino agli angoli più remoti, facendovi ora spirare i singhiozzi più lievi, ora echeggiare i tuoni più possenti», e Gabriele D’Annunzio lo aveva accomunato ad altri strumenti colossali: «Io penso ai massimi organi delle cattedrali massime, a quelli di Amburgo, di Strasburgo, di Siviglia, della badia di Weingarten, della badia di Subiaco, dei Benedettini in Catania».

L’ORGANO

Era il 6 maggio 1755 quando l’Abate, Padre Anselmo Valdibella, si affidava alla sapienza e alla tecnica di Donato del Piano per la costruzione dell’organo che doveva risultare “ad proportionem templi”. Aveva così inizio la laboriosa realizzazione di quest’opera fastosa e irripetibile che avrebbe richiesto ben 12 anni di intenso lavoro.
Ubicato su cantoria e addossato alla parete di fondo dell’abside, lo strumento è racchiuso da una monumentale cassa il cui prospetto mistilineo e riccamente decorato con preziosi intagli, è suddiviso in otto campate. Le cinque inferiori sono composte da 53 canne sonanti mentre quelle superiori da 21 canne mute. Di grande effetto scenografico il complesso cantoria/cassa dell’organo che ben si discosta dal sottostante coro grazie al raffinato uso della tecnica di doratura.
Lo strumento è dotato di 5 tastiere posizionate nel basamento della cassa in apposite consolles, che comandano 4 corpi sonori.
Nella consolle di centro vi sono tre tastiere che comandano il corpo d’organo “Maggiore”, l’Eco e, mediante un sistema meccanico ingegnoso quanto complesso, anche i due corpi laterali di destra e di sinistra; una pedaliera aziona i Contrabassi da 16 piedi.

Le tastiere poste nelle consolles laterali comandano i rispettivi corpi d’organo. Questa particolare disposizione delle tastiere e delle consolles permette, contemporaneamente, l’uso dello strumento da parte di tre organisti.
L’interesse dell’organo, oltre all’imponente prospetto, è dovuto alla ricchezza timbrica offerta dai 72 registri a cui corrispondono 2378 canne, delle quali 304 in legno di castagno e le rimanenti in lega con alta percentuale di stagno. L’utilizzo del prezioso metallo, sinonimo certo di valorizzazione del risultato finale, ha però compromesso la conservazione nel tempo del materiale fonico. Lo stagno ha infatti subito le ingiurie del clima marittimo che ha causato una diffusa quanto profonda corrosione dei corpi sonori ben visibile anche sulle canne di facciata. I lavori di restauro sono pertanto risultati alquanto complessi e difficoltosi.

Donato del Piano ha voluto dotare lo strumento di una infinita varietà timbrica. Oltre ai consueti registri, tipici dell’organaria italiana, il sacerdote napoletano ha introdotto file di canne dalle più svariate fogge e forme al fine di ottenere delicate sfumature sonore.
Oltre al cristallino ripieno numerosi sono i vari tipi di flauto caratterizzati da bocche tonde, corpi svasati o conici, canne in legno con doppie bocche oltre ad un inusitato clarino in legno di particolare effetto.
La composizione dei registri di ogni singola tastiera permette amalgami sonori del tutto particolari con raffinate singole soluzioni.
Il risultato finale mette bene in evidenza la ricerca di Donato del Piano volta ad ottenere delicate sonorità ben lontane dal vigore timbrico proprio di altre realtà organarie pur concedendo un modesto spazio agli “effetti speciali” della “Grancassa” e del “Piatto Cinese”. Interessante è anche la particolare “Uccelliera” dotata di rullo con unica melodia e tre registri.
L’alimentazione dello strumento è garantita da 6 mantici a cuneo, azionabili manualmente mediante stanghe; oggi è anche presente un elettroventilatore.

Caratteristiche tecniche

Organo Donato Del Piano 1767 – Mascioni 2004

5 tastiere suddivise in tre consolle con estensione di 54 note
da Do1 a Fa5 con prima ottava cromatica
Registri: 72 pomelli per l’azionamento dei registri

La pressione totale d’esercizio è risultata essere di 40 mm in colonna d’acqua e il corista di 415 Hz a 20°.
Dall’analisi generale del materiale fonico è emerso un temperamento comportante i minori interventi sulla lunghezza delle canne. Tale temperamento è risultato essere pertanto un “mesotonico modificato” composto da 6 quinte “calanti” di 1/4 di comma, 5 quinte “pure”  e la “quinta del lupo” moderatamente “larga”.

Composizione Fonica
Organo di Sinistra

Soprani

1.       Flauto in legno
2.       Flauto in VIII arm.
3.       Flauto in VIII arm
4.       Flauto in VIII arm.
5.       Flauto Do#
6.       Flauto DO
7.       Flauto
8.       Flauto
9.       Flauto
10.    Flauto
11.    Flauto
12.    Flauto
13.    Flauto in legno

Bassi

14.    Principale
15.    Principale II
16.    Flauto in legno
17.    ProlungamentoDo#-Do
18.    Ottava
19.    Decimanona
20.    Vigesimaseconda
21.    Flauto in legno

Organo Eco

44.    Principale
45.    Tromboncini
46.    Voce Umana
47.    Flauto armonico
48.    Principale II
49.    Flauto conico
50.    Flauto bassi in legno
51.    Flauto soprani in legno
52.    Flauto conico
53.    Flauto in VIII
54.    Flauto in VIII
55.    Flauto in XII
56.    Ottava
57.    Quintadecima
58.    Decimanona

Ripieno (aziona dal 34 al 36)

Rollante

ACCESSORI

Tiratutti nella consolle centrale
Accoppiamento fra consolle centrale
e consolle laterali
Uccelliera
Banda turca
Grancassa

Organo di Destra

Bassi

22.    Principale
23.    Principale
24.    Flauto
25.    Voce Umana
26.    Prolungamento Do#-Do
27.    Flauto in VIII arm.
28.    Flauto in VIII
29.    Flauto in XII
30.    Piva

Soprani

31.    Flauto armonico
32.    Flauto armonico
33.    Flauto conico
34.    Principale I
35.    Voce Umana
36.    Principale II
37.    Flauto in VIII
38.    Flauto in VIII
39.    Flauto in VIII arm.
40.    Flauto in legno
41.    Flauto in VIII arm.
42.    Flauto in VIII
43.    Piva

Grand’Organo

59.    Principale 16
60.    Principale 16 sop.
61.    Principale sop.
62.    Principale
63.    Ottava
64.    Quintadecima
65.    Decimanona
66.    Decimanona II
67.    Vigesimaseconda
68.    Vigesimaseconda II
69.    Vigesimasesta
70.    Vigesimasesta II
71.    Vigesimanona
72.    Vigesimanona II

Ripieno (aziona dal 41 al 50) manovrabile anche a pedaletto

Organum Maximum et Mirabile

In occasione della Presentazione del Volume Donato Del Piano e l’organo dei benedettini di Catania, a cura di Luciano Buono e Giovanni Paolo Di Stefano, edito nella Collana d’Arte Organaria dell’Associazione culturale “Giuseppe Serassi”. Organisti: Luigi Ferdinando Tagliavini, Carmelo Scandura, Angelo Gallotta.