MILANO – S. Maria della Passione

SANTA MARIA DELLA PASSIONE
Seconda a Milano per ampiezza dopo il Duomo, fu eretta a partire dal 1485, per lascito del nobile arcivescovo milanese Daniele Birago, e venne terminata nel 1729. In origine, si trattava di una struttura a croce greca dominata dalla cupola. Fu poi ingrandita dalle due cappelle sotto i bracci trasversali, per assumere infine l’attuale pianta basilicale. Alla chiesa era affiancato il Monastero: A lungo luogo di meditazione e crocevia culturale, venne sop­presso nel 1782 per volere dell’Imperatore d’Austria, desideroso di recuperare vaste pro­prietà cittadine abbandonate o sottoutilizzate dal clero. Ne fecero le spese anche comunità vive ed efficienti, come quella del Monastero di Santa Maria della Passione, che da allora fu destinato a diversi usi -caserma, ospedale militare, deposito- fino al 1807, quando il viceré Eugenio di Beauharnais gli assegnò la funzione, mantenuta ancora oggi, di Conser­vatorio musicale. La fabbrica fu iniziata dal lodigiano Giovanni Battagio, di scuola bramantesca, per prose­guire con Cristoforo Lombardo (1530-50) cui si deve la maestosa cupola ottagonale e il tiburio esterno che la racchiude. Martino Bassi rivoluzionò l’impianto della basilica, aggiungendo le tre navate e le dodici cappelle laterali che oggi ammiriamo. Concluse i lavori l’esecuzione della facciata barocca, contenente tre bassorilievi: una Deposizione, una Flagellazione un’incoronazione di spine.

La forma circolare, dominante, rappresenta la perfezione dell’infinito. In parti­colare l’impianto ottagonale, tipico dei battisteri, richiama la rinascita dell’uo­mo nella fede e, ricordando i giorni della settimana più uno, è emblema dell’e­ternità. La stella a otto punte infine si riferisce alla Vergine, “Stella del matti­no” che anticipa la venuta della Luce del mondo. Inestimabili i tesori d’arte all’interno, dove è ricorrente il tema della Passione cui la chiesa è dedicata. Nel transetto sinistro, ad esempio, l’Ultima Cena di Gaudenzio Ferrari (1542) e la Crocifissione di Giulio Campi (1560) formano, assieme alla Deposizione del giovane Bernardino Luini collocata nel transetto destro, una sorta di Via Crucis, la cui tradizione si diffonderà solo più tardi. L’ Ultima Cena, conforme all’iconografia lombarda nella disposizione circolare dei personaggi, è innovativa per il realismo e per il momento rappresentato: lo sgomento dei discepoli a fronte dell’annunciato tradimento. Nell’ottagono centrale, inoltre, le ante dei due superbi organi lignei (1558 quello di destra, 1610 quello di sinistra) sono dipinte con scene della Passione. A destra, sotto l’organo, il grandioso monumento funebre di Andrea Fusina (1495) ai fratelli Daniele e Francesco Birago, che fu all’origine della costruzione della chiesa.

LA STORIA

Il 12 agosto 1558 l’organaro Gian Giacomo Antegnati riceveva il saldo del pagamento di quanto dovutogli per la costruzione di un organo nella chiesa milanese di Santa Maria della Passione. Gli atti del notaio Cristoforo Venego­ni, che il 7 settembre 1555 aveva stipulato il contratto, sono purtroppo andati perduti: dobbiamo quindi affidarci all’analogia con altri strumenti per imma­ginare come fosse l’organo Antegnati. La stupenda cassa, tutt’oggi esistente, a destra guardando l’altare “in cornu Epistolae”, ci rivela una delle caratteristiche salienti: era un organo di 12 piedi, con la canna del fa grave in facciata; quasi sicuramente la disposizione fonica comprendeva il Principale, le file di Ripieno ed uno o due registri di Flauto. Gian Giacomo Antegnati, bresciano di origine, risiedeva da tempo a Milano dove aveva costruito gli organi di S. Margherita, S. Eustorgio, S. Carpoforo, S. Nazaro in Brolo, S. Maurizio e, fra il 1552 e il 1559, quello del Duomo. Qualche anno più tardi, nel 1584, il capitolo del Duomo diede incarico a Cristoforo Valvassori di costruire un secondo organo. I due organi del Duomo, l’Antegnati e il Valvassori si sarebbero inseriti nel complesso architet­tonico ridisegnato dall’architetto Pellegrini e la loro disposizione contrapposta ai due lati del presbiterio avrebbe consentito l’esecuzione di musica a doppio coro. Un organo nuovo doveva innanzi tutto comprendere undeci registri, conforme alli registri principali che sono nell’altro orghano che di presente si usa, quali sono li sottoscritti: prima il principale di XXIV piedi; il secondo principale de XII piedi; l’ottava del secondo principale; la quintadecima; la decimanona; la vigesimaseconda; la vigesimasexta; la vigesimanona; la trigesimaterza; la duodeci­ma; il flauto in ottava del secondo principale. Il Valvassori desiderava però supe­rare il vecchio organo: et perché il maestro intende di far un orghano di maggior bontà di quello che di presente si usa, habbia il detto maestro facoltà di far mag­gior numero de registri delli detti undeci registri sino al numero de registri dieciot­to, li quali registri fatti di più dalli undeci alli dieciotto gli possi fare di qualun­que qualità. Nel 1590 l’organo non suonava ancora ma l’opera sembrava in fase di ultimazione tanto che si provvide a nominare Cesare Borgo organista titolare del nuovo strumento. Una serie di ingiunzioni, sempre più severe, imposero al Valvassori di completare sette registri entro il Natale (ordinazione capitolare del 21 settembre 1590), intimandogli delle penali se non avesse consegnato l’organo per la festa della Natività di Maria (ordinazione capitola­re del 10 giugno 1591) e giungendo perfino ad obbligarlo ad abitare in Campo Santo nel luogo gli verrà assegnato, e non anderà in nessun luogo, se non per servizio della fabbrica di detto Organo del Duomo anche per causa di dormire e che non lavorerà altrove nell’arte di fabbricar Organi. fuori che in quello del Duomo, e ciò sinché esso organo preso a fabbricarsi dal detto Valva­sore non sarà perfezionato alla norma del convenuto (ordinazione capitolare del 25 agosto 1594). L’organo fu terminato soltanto nel 1607. Il Valvassori riuscì a fatica a riscuotere il compenso dovuto: la Fabbrica del Duomo era tanto arrogante nel comandare, quanto lenta nel saldare i conti, adducen­do scuse per non effettuare le perizie che dovevano stabilire il prezzo dello strumento. Solo nel 1610, poco prima della morte del Valvassori, il Capi­tolo del Duomo accordò il pagamento finale: l’organo era costato la somma di L. 33.000. Ben presto alcune fra le più importanti chiese milanesi tentarono di emula­re la Cattedrale: in S. Simpliciano le cronache ed i documenti seicenteschi parlano di un organo grande e di un organo piccolo; in S. Ambrogio il secondo coro era sostenuto non da un secondo organo bensì da un regale.
La situazione architettonica-musicale del Duomo fu imitata in maniera ancora più evidente in S. Maria della Passione.
Nella prima metà del Sei­cento fu infatti costruito di fronte all’ Antegnati un secondo organo in una cassa “gemella”. Non sappiamo il nome del costruttore di questo secondo strumento, restaurato, con il totale reintegro della parte fonica nel 1985. Il somiere e la tastiera sono antiche. La disposizione fonica, di chiara tradizione rinascimentale, presenta alcune aggiunte, probabilmente settecentesche: un registro di cornetto, un registro ad ancia nei bassi e i contrabbassi al pedale; forse l’artefice di tale aggiunte fu Gio.Paolo Binago, organaro milanese, il cui nome è inciso sulla cassa dello strumento accanto alle date 1726 1727. Nei secoli seguenti a S. Maria della Passione si succedettero sicuramente molti organari.

Mentre la cassa “in cornu Evangelii” rimase a lungo muta, fino al restauro del 1985, l’antica cassa dell’Antegnati ha ospitato fino a poco tempo fa uno strumento della ditta Balbiani-Vegezzi-Bossi. Questo strumento si presentava però incompatibile a riproporre un “dialogo a due organi”: da qui la coraggiosa scelta di cedere questo strumento vecchio ma non antico (oggi si trova in una chiesa di San Martino della Battaglia) per costruire uno strumento nuovo di migliore qualità artistica e che consen­tisse l’esecuzione a due organi.

IL NUOVO ORGANO

Il desiderio di suonare un vasto repertorio organistico, in particolare la musica di Bach, è quasi sempre la prima richiesta che l’organista pone all’organaro. Interpellati per un parere su questo progetto, la nostra priorità è stata quella di riallacciarsi, per uno strumento collocato in una cassa di Antegnati ed in un contesto architettonico simile, alla tradizione degli anti­chi strumenti italiani. Alla casa organaria Mascioni, incaricata di realizzare lo strumento, è stato richiesto di costruire un organo (ci si permetta di ricalcare il contratto cinquecentesco del Duomo milanese) conforme ali registri principali che sono nell’altro orghano che di presente si usa, qua/i sono li sottoscritti: prima il principale di XII piedi; l’ottava; la quintadecima; la decimanona; la vigesi­maseconda; la vigesimasexta e la vigesimanona; il flauto in ottava. Oltre a questi si è superato l’organo preesistente co/far maggior numero de registri del/i detti registri sino al numero de registri ventotto. In realtà la sfida è stata molteplice: non si è trattato solo di fare un organo più grande ma bensì di provare a realizzare un’idea che chi scrive insegue da tempo: riuscire ad unire la purezza di suono dell’antico Ripieno italiano con la chiarezza polifonica della Mixture tedesca; mischiare i luminosi e delicati colori del Rinascimento nostrano con la tavolozza sonora necessaria per la musica di Bach. Uno strumento estremamente creativo quindi, non una copia; una creazione ancorata a più tradizioni, non uno strumento da museo, ma neppure un organo “eclettico” (intendendo con ciò un carrozzone senza personalità dove si può suonare tutto da Cavazzoni a Messiaen… tutto, ma male!). Sul grand’organo, Ripieno e Flauto in ottava sono in base di 12 piedi, a partire dal Fa della controttava: l’unione del pedale alla controttava per­mette di usare quest’organo nel più puro stile italiano e di essere il perfet­to antagonista all’organo di sinistra. A questo strumento si possono unire un secondo Principale ed una Mistura che rendono la sonorità del forte più grande e più polifonica, come richiesto nelle grandi composizioni di Bach. Questa sonorità è sostenuta dagli appropriati registri del Pedale, in particolare dal Trombone di 16 piedi. Un secondo manuale permette l’esecuzione delle sonate in trio e di tutto quel repertorio transalpino che ne richiede espressamente l’uso. Flauti e ance danno colore all’organo: il cornetto del grand’organo insegue le sonorità settecentesche dello strumento di sinistra mentre Tromba e Dulciana rappre­sentano la tipica coppia di registri cara alla tradizione tedesca.

Organo in cornu Evangelii

Sulla cantoria alla sinistra del presbiterio, si trova un organo a canne barocco del XVII secolo, restaurato nel 1985 dalla nostra ditta.

Lo strumento è a trasmissione meccanica, con unica tastiera di 57 note (Do-1-Do5) con prima tastiera scavezza e pedaliera a leggio di 18 note (Do-1-La1) con prima ottava scavezza, priva di registri propri e costantemente unita al manuale.

Composizione Fonica
Manuale

Principale 16′
Ottava
XV
XIX
XXII
XXVI
XXIX
XXXIII
XXXIV
Flauto in VIII
Voce umana Soprani
Cornetto Soprani
Regale Bassi

Contrabbassi (al Pedale)

Tiratutti

Organo in cornu Epistulae

Sulla cantoria alla destra del presbiterio, si trova il nuovo organo a canne Mascioni opus 1155, costruito nel 2001 utilizzando la cassa del preesistente strumento barocco di Gian Giacomo Antegnati.

L’organo, creato appositamente per il repertorio barocco tedesco, è a trasmissione integralmente meccanica, con due tastiere di 56 note ciascuna (Fa-1-Re5) e pedaliera di 30 note (Do1-Fa3).

Consulenza artistica

M° Bardelli,  M° Ghielmi,  M° Salerno

Intonazione    

Enrico Mascioni

Composizione Fonica
Prima tastiera – Grand’Organo

Principale (12′) *

Ottava *

XV *

XIX *

XXII *

XXVI-XXIX *

Flauto in VIII *

Bordone 16′

Principale II 8′

Ottava II 4′

Ripieno 4/5 file 2′

Flauto a camino 8′

Cornetto 4 file Sopr. 4′

Tromba 8′

 

*  I registri contrassegnati con questo simbolo
sono in dialogo con il controrgano

Seconda tastiera – Organo Positivo

Bordone 8′

Principale 4′

Flauto camino 4′

Nazardo 2.2/3′

Superottava 2′

Terza 1.3/5′

Ripieno 2 file 1.1/3′

Dulzian 8′

 

Pedale

Subbasso 16′

Principale 8′

Ottava 4′

Ripieno 4 file 2.2/3′

Trombone 16′

Tromba 8′

CONCERTO A DUE ORGANI

Gustav Leonhardt & Matteo Imbruno
agli organi di S. Maria della Passione – Milano